venerdì 3 febbraio 2012

Landlords and tenants, part 2

Vi ricordate, vero? Stavamo indugiando. Collegate mentalmente i due post con una matassa grigia di indugi, e pronti che si riparte.

4. Qui apriamo una piccola parentesi: questa casa non l'ho mai vista, eppure ero quasi convinto che vi avrei abitato. Zona centrale, affitto ragionevolmente alto. Mi contatta la sedicente Allison, ricercatrice americana "in her mid-twenties". Abbocco all'amo come una tinca affamata e rispondo aprendole il cuore. Nel giro di due giorni ci scambiamo diverse email, mi invia foto della casa, la aggiungo su Skype e le mando i documenti che mi chiede. Inizialmente resto piacevolmente sorpreso dalla rapidità delle sue risposte, poi la cosa inizia a puzzare. Tuttavia, spossato dai primi giorni di lavoro e dalla ricerca fino ad allora infruttuosa, non mi azzardo a mangiare la foglia... finché mi chiede di mandarle l'affitto via Western Union, per ricevere le chiavi per posta. Doccia fredda, ci rimango malissimo per il tentativo di scam, a tal punto che mi sento dire per la prima volta "Luca, you look so sad..." (ma avremo modo di tornare su questo punto).

Affranto, riprendo la ricerca: ormai gli amici se ne stanno andando dall'ostello o sono già sistemati in prospettiva, per cui sento di dovermi muovere.

5. Mi prendo una pausa dall'ufficio per andare a vedere un'altra stanza. Nevica abbestia, e la zona mi è totalmente ignota, come ancora il 99% della superficie di Toronto. All'arrivo scopro di non aver parlato con Ray, bensì con Radu, landlord rumeno che mi sembra di aver già visto in qualche film di Tarantino. Ha un modo di fare rude e amichevole allo stesso tempo, del tipo che potrebbe fare una battuta e tre secondi dopo puntarmi una pistola alla tempia. Trasalisco.
Anche qui ci sono due stanze libere, di cui una al piano terra e una, più cara, ai piani alti. Quella più economica stavolta sembra convincente, perciò gli propongo un bonifico: non ha i dati del suo conto, così mi tocca mangiare altra neve e accompagnarlo in banca, dove con la collaborazione della cassiera mettiamo in scena un piccolo e grazioso siparietto di equivoci e malintesi, versione contemporanea di una commedia plautina. Mi appare stranamente inconsapevole del fatto che un pagamento dall'Europa necessiti di qualche giorno lavorativo per giungere a destinazione, ma per ora tengo per me le mie perplessità.

6. Mi giunge risposta anche da un altro annuncio. Chiamo per prendere appuntamento, ma ho grosse difficoltà a capire per che ora ho fissato. Comunque è di lì a poco, quindi mi metto in cammino e pace. Mi apre Oscar, che ipotizzavo francofono ed è invece messicano. Dopo qualche minuto di puro sadismo lo tolgo dall'imbarazzo e ci mettiamo a parlare in spagnolo. È gentile e cerca di tenere in ordine la casa rincorrendomi con un mocho, ma è evidente che non ce la può fare. Per il resto il prezzo è alto e la camera, ancora sottosopra e in procinto di essere riverniciata, dà su una delle strade più trafficate di Toronto, per cui taglio corto e torno alla base dopo pochi minuti.

A sera richiamo "Ray", convinto di riuscire a blandirlo e scucirgli le chiavi presentandomi l'indomani con la ricevuta del bonifico effettuato. Come tirare testate a un muro. Pretende dollari sonanti sull'unghia (o nel conto) e non è disposto a cedere, così il giorno seguente devo assentarmi di nuovo dall'ufficio per portargli quanto richiesto: alla vista del denaro il tenace mastino si ammansisce, mi fa firmare il contratto e finalmente mi consegna, con fare cerimonioso, il mazzo di chiavi.

Dopo il lavoro torno all'ostello, lascio numeri di telefono, autografi e baci alle mie fan straziate dal dolore, carico armi e bagagli con l'aiuto di un nuovo coinquilino e spicco finalmente il volo, giovane passerotto che lascia il nido per andare a conoscere il mondo.

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