venerdì 17 febbraio 2012

Di rapporti di forza e di rapporti del cambio



Toronto, metà gennaio. Il vostro corrispondente, da poco arrivato in città, osserva con devozione lo spirito indomito dei ciclisti canadesi, restii ad abbandonare le due ruote anche se circondati da neve e ghiaccio. Mi sento già a casa.

Al contempo, mi soffermo ad ammirare il loro ruolo di utenti della strada perfettamente integrati, pur circondati da colossi pacifici e prevedibili come gli streetcar o dai macchinoni con cilindrate assurde che qui vanno per la maggiore.
Guardando le cose dalla prospettiva del pedone, tuttavia, va detto che la strada è solo l'ennesima catena alimentare, e anche il ciclista vi sarà nemico, se solo vi azzardate a mettere il naso appena oltre il marciapiede quando non dovreste, sfrecciandovi incurante a mezzo centimetro e facendovi perdere ogni baldanza di attraversare.
D'altronde lo sanno anche i muri: si attraversa solo agli incroci e (quasi) solo in una presenza di un semaforo; le regole sono così semplici che non c'è nemmeno bisogno di dipingere le strisce sull'asfalto. Il pedone italiano, anarchico per definizione, non può che sentirsi sperduto e ingabbiato in quest'incubo stradal-razionalista: non è decisamente il posto adatto per i nostri guizzi creativi.

Toronto, prima decade di febbraio. Il vostro corrispondente, ormai divenuto blogger e fotoamatore, torna dopo due anni a inforcare una bici sulle strade di una grande città, oggi come allora novello Kintaro Oe, assorto nella perenne quest di imparare dalla vita. Stavolta, però, prima ancora della solita botta di entusiasmo da due ruote, arrivano il fiatone e le imprecazioni, roba che neanche l'ultimo dei gregari sul Tourmalet. E qui è tutta pianura.

Malgrado la mia forma scadente, guardo fiducioso al domani, forte dei miei diritti e consapevole che, stavolta, se metto sotto qualcuno* sono solo cazzi suoi.
E anche se qui non accoglierò la primavera sfilando sotto le jacarandas moradas di calle Hilera, spero che un po' di movimento basti, come tante altre volte, a mettermi di buon umore.

* se questa non la sapevate o non ve la ricordate, mi riservo di raccontarvela in separata sede.

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