giovedì 2 febbraio 2012

Landlords and tenants, part 1

Dalla regia mi fanno notare che sto tornando a scivolare lungo il piano inclinato del cripticismo e dell'introspezione, per cui sarà il caso di stemperare i toni.

Tra i tanti avvenimenti che hanno costellato la mia prima, frenetica settimana in questa città, vale certo la pena spendere due parole sulla ricerca di un alloggio.

Partito con l'incrollabile certezza che avrei risparmiato sull'affitto rispetto a Siena, mi sono presto scontrato con la dura realtà: il modo di economizzare si poteva trovare, certo, ma cosa ero disposto a mettere sul piatto, per dirla con Leone, per un pugno di dollari?

Passiamo in rassegna, quindi, alcune delle alternative che mi sono state proposte:

1. Soppalco a pochi passi dal Consolato: mi apre la porta una signora cinese che non spiccica una parola di inglese. Dopo avermi frastornato di chiacchiere per qualche minuto, coglie una certa perplessità nel mio viso e mi passa una figlia o nipote al telefono (bisunto). Il prezzo è più basso rispetto all'annuncio, ma di mobili neanche la traccia. Tutta la casa emana un pesante aroma di retrobottega di ristorante cinese di 3^ categoria. Non paga del mio silenzio imbarazzato, la signora improvvisamente si illumina e mi fa notare che, essendo una mansarda, "it's too hot here in the summer". Peccato che me l'abbia detto, stavo per prenderlo (e comunque siamo a gennaio e fuori c'è -5° C).

2. Stanza in zona Little Italy/West End: mi accoglie un giovane di origine cinese, ma stavolta il suo inglese è dignitoso. Vive con la madre. Inizio francamente ad odiare il fatto di dovermi togliere le scarpe per ogni appartamento che devo visitare, maledetta passione canadese per i finti parquet. Il mio disappunto aumenta quando vedo in che condizioni versano le scale (a chi era con me venne naturale chiedere "when are you going to fix them?", ma non erano previsti interventi di manutenzione). Vabbé, penso, qui mi toccherà bruciare i calzini o rischio la salmonellosi. La stanza è probabilmente stata arredata da Geppetto in persona, viste le condizioni in cui versa il mobilio. Non riusciamo nemmeno a stabilire con certezza se la finestra si chiuda o meno. Scendiamo in cucina e il mio accompagnatore sale in cattedra: dopo alcune domande e risposte di circostanza, il ragazzo confessa che alla madre "non piace tanto cucinare". Approfondiamo, e scopriamo che in casa non c'è traccia di pentole o padelle. Abbandono la casa nello sconforto, chiedendo umilmente scusa ai miei calzini.

3. Continuo ad allontanarmi dal centro, anche se non di molto, e rispondo ad annunci per stanze più care. Stavolta non trovo neanche un buon cristo che mi accompagni. Mi apre un ragazzo sudamericano sotto i 30 anni: gli chiedo se è un inquilino, ma no, è il proprietario di questo appartamento e di quello sopra. Inizio a fantasticare di loschi traffici di confine, ma per dirla tutta il ragazzo ha più la fisionomia del consumatore che del narcotrafficante. La stanza è decente, anche se alcuni particolari mi lasciano perplesso: per esempio, le tende non coprono tutta la finestra, e dietro quest'ultima sembra sia stata eretta una barricata modello agosto 1922. Indugio. Cucina e salotto, in compenso, sembrano non essere stati più toccati dai tempi del passaggio degli unni (che evidentemente vi banchettarono con gusto), ma mi viene spiegato che i coinquilini albionici e irlandesi hanno solo "lasciato un po' in disordine". E meno male che erano young professionals...
Io continuo ad indugiare, alla fine il ragazzo mi mostra anche la stanza libera nell'appartamento di sopra: molto meglio, ma ancora più cara. Me ne vado, sempre indugiando...

[to be continued]

Nessun commento: