lunedì 12 marzo 2012

La tana degli italiani (e non solo)

E così non ho ancora scritto nulla sull'argomento che probabilmente molti dei miei lettori - ma probabilmente più lettrici - attendono con maggiore trepidazione, ovvero il mio posto di lavoro.

Premettendo che il grosso dei racconti avverrà in forma orale e all'aria aperta, possibilmente in uno dei nostri orti preferiti, ad una qualsiasi festa di contrada (tanto sapete quale ho in mente) o ad una festa della birra, non vedo nulla di male nel concedervi qualche anticipazione.

Ora che, al di là dei primi, pittoreschi personaggi che mi si sono presentati già dai primi giorni di reclusione nell'ala più solitaria dell'edificio, i nomi e i visi dei colleghi sono diventati familiari, forse posso cercare di tracciare un primo bilancio.

Ci vorrebbe un generatore di critiche trite e ritrite sugli uffici pubblici, tanto sono sempre le stesse e le conosciamo bene. Sì, è vero, non c'è nell'aria quella sana fregola tedesca di produttività. Sì, è vero, certe indennità di servizio sono così laute da far sorridere. Frutto di procedure di selezione passate poco trasparenti e di una struttura di incentivi poco atta a promuovere l'efficienza, probabilmente.
Eppure, in pochi giorni di contatto col pubblico si coglie che la normale difficoltà data dal rapportarsi con un'utenza mediamente anziana e poco istruita è qui spesso amplificata da vicende biografiche assai complesse e poco inclini a seguire qualunque sovranità statale, limitazioni linguistiche talvolta comiche ed altri problemi a cui il personale viene incontro con professionalità e pazienza, cercando di ricondurre questo universo di vicissitudini umane di ogni tipo alle rigide fattispecie previste dalla legge.
E, pur nel poco valore che noi europei lasciamo ai simboli, il tricolore, la bandiera europea e il Presidente della Repubblica che fa capolino sono sempre uno stimolo a migliorarsi e a dare di più.

Foto di gruppo con cestista (indovinate quale).

Non ci sentiamo mai soli, decisamente: non perché lo sguardo vitreo di Napolitano buchi la cornice, certo, ma perché i giocosi scoiattoli sui davanzali o nel giardino e i circospetti raccoon che hanno eletto l'ultimo piano a loro rifugio non fanno mai passare inosservata la loro presenza. Comprensibili i problemi di sovranità che si vengono a creare quando questi si azzardano a varcare i confini del giardino (l'avranno poi richiesto il passaporto, i roditori?).
Menzione d'onore merita, infine, l'alce dell'amicizia tra Italia e Canada, scultura decorata in modo discutibilmente kitsch da una studentessa locale di arte e design, che gli agenti atmosferici hanno contribuito a deporre dal suo piedistallo nottetempo.

L'alce atterrato, o la rivincita degli dei dell'estetica
sul neo-paganesimo italo-canadese.

E così, tra questa fauna variopinta, colleghi che lasciano e colleghi che raddoppiano, laminatrici misteriosamente sempre da riparare e tambureggianti elezioni sindacali, abbiamo ormai passato il giro di boa.

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